“So di non sapere” (Socrate)
Esistono due direzioni diverse per rispondere a questa domanda: la prima è se siamo capaci di ammettere a noi stessi di non sapere qualcosa e la seconda se siamo invece capaci di dichiararlo a qualcuno ed in entrambi i casi è necessaria una buona dose di sincerità ed umiltà.
Nel primo caso la consapevolezza di non sapere qualcosa (come nel caso di Socrate) è la strada che apre all’apprendimento e alla conoscenza anche se è forse la più complessa. È relativamente facile essere consci di non saper fare qualcosa come parlare una lingua straniera o non saper ballare, molto più difficile riconoscere a se stessi di non essere in grado per esempio di aver fiducia nel prossimo o di gestire alcune emozioni. Per queste ultime infatti è richiesto un insight che non tutti avvertono e per il quale il coaching può essere di grande aiuto. Una volta arrivati alla percezione e alla comprensione di ciò che non sappiamo ecco che davanti a noi si apre il cammino verso l’apprendimento e il cambiamento, se saremo sufficientemente forti da lasciare l’area di comfort e superare quella di panico (di cui parleremo nei prossimi giorni).
Nel secondo caso invece dichiarare “Non lo so” a qualcuno che ci ha fatto, in maniera più o meno esplicita, una domanda ci rende vulnerabili, mostra il fianco verso le nostre debolezze. Ammettere di avere dei limiti, mostrando umiltà e sapendo chiedere aiuto al prossimo fa capire a chi ci sta intorno che siamo disponibili a saperne di più e ad approfondire ciò che ci sfugge, ci rende più simpatici ed interessanti e dà di noi un’immagine aperta ed equilibrata, purché non vi sia un abuso di questa dichiarazione volta a sfuggire alle responsabilità, a delegare ad altri compiti che spettano a noi e volendo autolimitare le nostre capacità; a volte dire “non so” equivale a volersene lavare le mani ed affermarlo perché siamo incapaci di dire di no (ricordate? Ne abbiamo parlato proprio qualche giorno fa!).
Anche dire “Non lo so” è possibile, lo facciamo?