L’idea del coaching è nata nello sport, inizialmente in quelli individuali come tennis e sci e successivamente, visti i successi in campo sportivo, portata nel mondo del business.
Jessica Rossi, medaglia d’oro e record mondiale nel tiro al volo a Londra 2012, ha detto: «Un’Olimpiade è uguale ad ogni altra gara, ma comporta molte più tensioni, molte più pressioni, molto più stress a livello mentale rispetto ad una gara normale. Avevo deciso di fare quel gradino in più nella preparazione mentale e il mio coach è stato veramente importante per me e parte fondamentale della mia medaglia d’oro a Londra. Grazie al lavoro fatto con lui ero davvero programmata per vincere! E dire che prima di conoscerlo non sapevo nemmeno cosa volesse dire prepararmi mentalmente». (da ilgiornaledellosport.net)
Alle Olimpiadi di Rio 2016 oltre un terzo degli atleti si è affidato ad un mental coach, oltre agli allenatori e preparatori «tradizionali».
Secondo Giovanna D’Alessio, una dei pionieri del coaching in Italia e prima europea ad essere nominata presidente dell’International Coach Federation (ICF)
«Il coaching, come disciplina che supporta le persone a esprimere il loro potenziale e a raggiungere gli obiettivi che si sono poste, è fondato su alcuni principi base, primo fra tutti che il coachee (chi riceve coaching) ha già tutto quello che gli serve per raggiungere i risultati che desidera e il coach deve aiutarlo ad accedere a queste sue risorse. Il coach quindi non dà suggerimenti e consigli, ma aiuta ad espandere la coscienza dell’individuo». (G. D’Alessio – Il potere di cambiare)
Secondo John Whitmore, universalmente riconosciuto come il padre del coaching
«L’obiettivo di un coach è aumentare la consapevolezza, la responsabilità e la fiducia in se stessi» (J. Whitmore – Coaching)