Immaginiamo che la nostra vita sia un’auto in marcia e di essere noi al volante.
Vorremmo mai guidarla ad occhi chiusi, lasciando che la vettura vada senza avere un’idea precisa di dove si stia dirigendo ma contando solo su sensazioni che riguardano la velocità, la marcia e su quali altri veicoli od ostacoli ci siano attorno?
Io credo che nessuno di noi abbia mai avuto questo pensiero in testa eppure talvolta viviamo la nostra vita proprio così, andando avanti per forza d’inerzia, lasciandoci trasportare dall’istinto, dall’abitudine o dagli input che riceviamo dall’esterno.
Ciò che ci dà invece la possibilità di condurre la nostra vita verso la direzione che abbiamo deciso di intraprendere è uno degli elementi chiave del coaching chiamato consapevolezza ovvero l’osservazione ed interpretazione di ciò che vediamo, sentiamo e proviamo; avendo punti di vista diversi (ricordate la scrivania del prof. Keating ne “L’attimo fuggente”?) così come avviene in auto dove abbiamo specchietti laterali e posteriori oltre al parabrezza anteriore, diventa anche più semplice avere un’ampia percezione di dove siamo, dove stiamo andando e quali ostacoli ci circondano, proprio come avviene durante una sessione di coaching.
Essere consapevoli vuol dire migliorare il nostro apprendimento, le nostre abilità sia in ambito personale che professionale e attraverso il coach che funge da “generatore di consapevolezza” (per usare un termine caro a Whitmore) siamo in grado di raggiungere mete e destinazioni che pensavamo ci fossero precluse.